E’ l’umanità ad aver abbandonato la Chiesa o è la Chiesa ad aver abbandonato l’umanità? Questo interrogativo è caratterizzato il pensiero di Augusto Del Noce, sempre animato dalla consapevolezza del ruolo cruciale che i cattolici sono chiamati a svolgere per il bene della società. “Certo i cattolici – dichiarava in un articolo pubblicato su Il Sabato il 7 giugno 1985 – hanno un vizio maledetto, pensare alla forza della modernità e ignorare come questa modernità, nei limiti in cui pensa di voler negare la trascendenza religiosa, attraversa oggi la massima crisi, riconosciuta oggi anche da certi scrittori laici”.
Il filosofo riconosceva una seria minaccia nella società post-moderna secolarizzata, nichilista e portatrice di “un totalitarismo dal volto buono perché fintamente democratico”. Per sconfiggere questo nemico si rendeva necessario ripensare la presenza dei cattolici sia nella società che nella politica. Del Noce rappresentò ”un caso unico” nel panorama filosofico italiano, specialmente per quanto riguarda la filosofia cattolica italiana del Novecento. Egli non ha goduto dei favori di tanta parte del cattolicesimo italiano. E’ stato insomma un filosofo “scomodo” per diverse ragioni: una di queste fu la sua opposizione alla conciliazione tra cattolicesimo e marxismo che tanto fascino ebbe in Italia, soprattutto a partite dagli anni Settanta.
Il fatto di essere stato “pietra d’inciampo” per molti intellettuali del mondo cattolico non è sufficiente a spiegare come si faccia fatica a immettere pienamente Del Noce nell’alveo sia della filosofia cristiana del dopoguerra che della storia del pensiero italiano. Finisce quindi per essere visto e trattato solo come una anomalia filosofica, per quanto geniale. Le ragioni del suo isolamento devono pertanto essere rinvenute altrove e, più nel dettaglio, nel metodo e nei risultati stessi della sua ricerca. Del Noce non fu certo un sistematico. E’ altrettanto vero, però, che la sua riflessione si cristallizzò attorno ad alcuni temi fondamentali che, presi nel loro insieme, danno la misura di un percorso unitario, sebbene travagliato.
La specificità di Del Noce consiste nell’aver sempre cercato il confronto con la storia, la comprensione dei fatti storici partendo da intuizioni speculative e viceversa. Tale strategia comporta inevitabilmente il rifiuto di chiudersi in una torre d’avorio pensando in astratto e determina la ricerca della verità delle proprie posizioni a partire dalla storia. Del Noce fu sicuramente un filosofo cattolico, ma alla ricerca di un cattolicesimo moderno. E modernità del cattolicesimo vuol dire, nella sua ottica, muoversi all’interno di un orizzonte culturale in cui la fede non può essere ridotta a “foro interno”, estranea alla quotidianità.
Il filosofo Vittorio Possenti ha definito Del Noce un filosofo “politico e non monastico”. E’ infatti proprio nella considerazione della “politicità” dell’ontologismo delnociano che si chiarisce ulteriormente la portata esistenziale e storica della sua riflessione. Il significato primo della “politicità” del suo pensiero investe l’esigenza di riunire etica e politica, interiorità ed esteriorità, vita spirituale e storia. In sostanza, si tratta di tradurre la morale nella polis, affinché questa divenga cultura. E nell’assunzione della storia quale luogo dell’azione umana e, insieme, della provvidenza divina, si specifica il carattere moderno della sua riflessione. Una modernità che si nutre delle intuizioni e degli insegnamenti di Cartesio, Pascal, Malebranche, Rosmini, ma non finisce per coincidere con il razionalismo, essendo essa sempre ispirata e guidata da un afflato spirituale che la sostanzia e la edifica.