Una lieve distrazione, mentre è in fila allo sportello di una banca, lo getterà nel baratro di un dissesto finanziario. Da quel baratro George Bailey – protagonista del film “La vita è meravigliosa” (1946) per la regia di Frank Capra – risalirà grazie a Clarence, un aspirante angelo alla ricerca di una buona azione da compiere perché spuntino le tanto agognate ali: quando ciò avviene, sarà il tintinnio di un oggetto ad annunciarlo. Bailey incarna il modello di brava persona cresciuta in una piccola località di provincia, che fermamente crede nei valori del rispetto per gli altri, dell’onestà e della dignità del lavoro. Ma quella disavventura rompe drammaticamente il suo equilibrio, e quando constata la vanità di ogni tentativo di rimettere in sesto la situazione, decide, al colmo della disperazione, di suicidarsi.
Ma prima che George (interpretato da un indimenticabile James Stewart) compia il gesto estremo, interviene, con una tempestività decisiva, Clarence, il quale insegna al suo “protetto” che la vita è un dono e che ciascuno, nel segno della reciproca solidarietà, dipende dall’altro. Per dare incisività e sostanza alla sua argomentazione, Clarence mostra a George come sarebbe stata la vita degli altri se lui non fosse mai esistito. Il fratello che, quando erano ragazzi, lui trasse in salvo da un laghetto ghiacciato, non sarebbe diventato quello che è ora, cioè un eroe dell’esercito statunitense. Come pure non avrebbe incontrato e reso felice la dolcissima moglie, e tenera madre dei suoi figli. Il film, che quando uscì ricevette dalla critica e dal pubblico una tiepida accoglienza, sarebbe diventato presto un riferimento imprescindibile nel mondo del cinema, nonché uno dei simboli immarcescibili degli anni d’oro di Hollywood.
La pellicola celebra il valore della vita che attinge linfa e forza anzitutto dal rispetto, sentito come un’istanza etica, per il prossimo. Quando nella strepitosa scena finale del film – alla vigilia di Natale, dopo che il dissesto è stato sanato proprio grazie alla generosa e pronta solidarietà di amici e conoscenti – uno dei figlioletti del protagonista indica che un campanellino dell’albero ha emesso un tintinnio e ricorda che la maestra gli ha spiegato come quel tintinnio significhi che un angelo ha messo le ali – George si rammenta, in un attimo fatale, quello che gli aveva detto Clarence. Stretta a sé la moglie, con gli occhi velati di lacrime e rivolti, grati, al cielo, mormora in un sospiro “Grazie Clarence”. Che ora ha le ali.