Fino ad oggi si sono tenute oltre 2800 sedute del Circolo Linguistico Fiorentino, nato nel 1945 da una proposta di Carlo Alberto Mastrelli e Giacomo Devoto. L’obiettivo era creare un luogo in cui discutere temi di linguistica in modo informale, con cadenza settimanale. Vi avrebbero partecipato studenti e linguisti dell’Università di Firenze, nonché ospiti provenienti da altre città italiane, e dall’estero. Il volume “Il Circolo Linguistico Fiorentino. Testimonianze e frammenti” (Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2022, pagine 231, euro 30) rievoca le fasi salienti di questa intensa ed edificante attività attraverso scritti di quattro personalità che si sono avvicendate nella conduzione del Circolo, i segretari Pelio Fronzaroli, Alberto Nocentini, Fiorenza Granucci, Alessandro Parenti) e di altre quattro suoi animatori (Piero Fiorelli, Maria Giovanna Arcamone, Maria Pia Marchese, Duccio Piccardi).
“Per i fatti ci sono, e bastano, i libri – scrive Devoto nell’articolo di apertura -. Per educare a formulare problemi, e a decidere responsabilmente, occorre la Parola, e non quella autoritaria, discendente dall’alto, dei maestri. Occorre la parola scambiata intorno ad una tavola idealmente rotonda, nella quale tutti si sentono vicini e nessuno superiore; e ascoltano anche senza tutto capire, e riflettono, anche senza sapere contemporaneamente di greco, russo e tedesco”. In questo scenario si colloca il Circolo Linguistico Fiorentino che “ogni venerdì alle quattro” apre il suo salotto.
Nell’illustrare la genesi e le dinamiche di questa istituzione, Carlo Alberto Mastrelli evidenzia “la puntigliosa ricerca” nel tentare di sottrarre il Circolo alla tentazione di divenire sia “un centro di potere accademico”, sia un luogo dove si potesse alimentare “un qualche culto della personalità”. Due mali, questi, deleteri che “hanno viziato e viziano tanti aspetti della vita moderna, e che hanno contribuito non poco a contaminare e persino corrompere, purtroppo irrimediabilmente, anche non pochi studiosi delle più recenti generazioni”. Alla “puntigliosa ricerca” si lega il desiderio di realizzare “una rappresentazione corale” delle varie linguistiche e delle diverse specialità di settore, in modo da rendere “meno drammatica” l’incidenza degli estremismi teorici, talvolta trasformati in ideologie, che hanno caratterizzato questi ultimi decenni della linguistica mondiale.
Sottolinea Maria Giovanna Arcamone che il Circolo si è subito contraddistinto per i suoi “no” agli aspetti faticosi e informali di ogni associazione e per i suoi “sì” al dialogo, alla leggerezza, alla libertà e alla spontaneità. Il Circolo si affermò subito nel panorama culturale grazie anche al fatto che i docenti coinvolti avevano relazioni contri altri docenti e istituzioni non solo fiorentine. Questo fatto favorì la sua notorietà. Proprio per la mancanza di una sede fissa, presto il Circolo è stato organizzato anche fuori Firenze, presso altre istituzioni italiane e straniere, facendosi così “una solida pubblicità nazionale ed internazionale”.
Dal canto suo Alberto Nocentini rileva che l’atmosfera informale del Circolo, con il suo rituale privo di protocolli accademici fino alla rinuncia all’applauso finale riservato al relatore di turno, ha avuto “due conseguenze opposte”. Da un lato “ci ha fatto assistere con placida indifferenza – scrive – all’esposizione delle teorie più ardite e rivoluzionarie che si sono succedute nel tumultuoso Novecento postbellico”, dall’altro “ci ha reso testimoni dell’accendersi di dispute animate attorno a questioni marginali a volte riguardanti una singola voce dialettale”.
In nessun caso, tuttavia, tiene a precisare Nocentini, è venuta meno la garbata ospitalità nei confronti del relatore anche quando questi sosteneva tesi “manifestamente assurde”, come è avvenuto ogni volta che sono state proposte “miracolose decifrazioni” dell’etrusco. Dell’evento epocale che ha ridisegnato il volto dell’Europa orientale, ovvero la caduta del muro di Berlino, non sono mancati echi nella vita senza scosse del Circolo, per quanto smorzati dal filtro della pax academica. La comunicazione di Tatiana Alisova, che affrontava l’analisi del discorso ideologico, argomento tabù fino al fatidico 1989, esordì, rammenta Nocentini, con queste parole: “Ci è stato annunciato che tutti i valori fondamentali su cui eravamo stati educati a credere non hanno più alcuna importanza”.
Al termine del suo contributo, Nocentini ricorda l’ultima lezione tenuta da Giacomo Devoto nel maggio del 1967. In particolare cita parole che suonano come un epitaffio: “La vita non è un’arrampicata, non è una fuga, è una presenza”. E la presenza, intesa nel suo senso più pieno e non come l’occupazione di un posto a sedere, è il requisito minimo che si richiede a un frequentatore del Circolo Linguistico Fiorentino, in modo che dal bagaglio dei suoi ricordi sia bandita la formula dell’occasione mancata “io non c’ero” o, manzonianamente, “io non c’era”.