Dalle tele di Delacroix, definito da Baudelaire “il vero pittore del xix secolo”, esala una malinconia pertinace e pervasiva che si esprime con la scelta dei soggetti, con il tratteggio delle figure e con lo stile del colore. L’artista francese prediligeva Dante e Shakespeare perché riconosceva in loro i pittori del dolore. Contemplare un quadro di Delacroix equivale ad assistere alla celebrazione di un mistero doloroso. Da “Sardanapalo” a “Il massacro di Scio”, dal “San Sebastiano” a “I naufragi”, la narrativa pittorica presenta un fattore comune, dato dalla presenza di una figura più desolata delle altre, nella quale si riassumono tutti i dolori che la circondano. Al contempo l’artista tende a iniettare un deciso tratto di malinconia nello scenario in cui si muovono le donne, che non sono quasi mai avvenenti: al contrario, sono malate, segnate dalla vita. Tuttavia si illuminano di una seducente bellezza interiore. Delacroix non esprime la forza con l’ampiezza dei muscoli, ma con la tensione dei nervi. Lungo questo versante, l’artista finisce per esprimere non solo il dolore nella sua tradizionale accezione, ma anche e soprattutto il dolore morale, che si manifesta in un cupo splendore, e in un colore che risulta essere largo, avvolgente, copioso.