Il giorno prima che fosse assassinato da Charlotte Corday, Jean Paul Marat (politico, medico, giornalista e rivoluzionario) ricevette una visita dal pittore Jacques-Louis David. Era il 12 luglio 1793. L’artista era stato incaricato dal Club dei giacobini di recarsi in visita da Marat per informarsi sul suo stato di salute. “Lo trovai – poi raccontò – in un atteggiamento che mi colpì. Aveva vicino a sé uno sgabello di legno su cui erano posati calamaio e carta, e la sua mano, uscendo dalla vasca, scriveva gli ultimi pensieri per il bene del popolo”. In questa descrizione perfettamente si specchia il quadro, “La morte di Marat”, che David avrebbe successivamente dipinto e che il 25 novembre dello stesso anno avrebbe presentato alla Convenzione con un commosso discorso.
Il dipinto, come sottolinea il critico d’arte Mario De Micheli, costituisce uno dei momenti più alti dell’iconografia rivoluzionaria. In merito alla tela, lo scrittore francese Michel Butor ha scritto: “La dedica in lettere antiche, la firma, la data secondo l’uso rivoluzionario, che appaiono sulla cassetta di legno che serviva da tavolino a Marat, si trasformano in una stele e trasformano l’intero quadro in un monumento”.
Anche Baudelaire ha sentito l’esigenza di esprimersi riguardo a quest’opera i cui dettagli, afferma, sono “storici e reali come in un romanzo di Balzac”. Nella tela si consuma un dramma “in tutto il suo deplorevole orrore”. La particolarità del dipinto, secondo il poeta, risiede è “la rapidità estrema” con cui esso è stato eseguito”. Una rapidità “che lascia contraddetti”. Nel quadro “c’è qualcosa di tenero e straziante insieme”. Quindi Baudelaire dichiara: “Nell’aria fredda di quella camera, su quelle mura fredde, intorno a quella fredda e funebre vasca, un’anima aleggia. Ci permettete, o politicanti di tutti i partiti, ed anche voi, truci liberai del 1845, di commuoverci dinanzi al capolavoro di David? Questa pittura era uno dono alla patria dolente, e le nostre lacrime non sono pericolose”.
In conformità all’estetica neoclassica, nel quadro David non mostra i particolari più raccapriccianti della morte di Marat, scegliendo di raffigurare il momento successivo all’assassinio. Il braccio di Marat fuori dalla vasca da bagno è una citazione del braccio pendulo di Cristo nella “Deposizione” di Caravaggio e del braccio rilasciato inerte, sempre di Cristo, nella “Deposizione Borghese” di Raffaello. L’intera scena viene inondata dalla luce proveniente da una fonte esterna, posta a sinistra del quadro che definisce il chiaroscuro del corpo. Memore della lezione di Caravaggio, David intende così creare una profonda zona d’ombra sull’addome, così da dare risalto al volto di Marat, esposto in piena luce.