Un viaggio interrotto. Tragicamente. Ne “Il naufragio” (1805) William Turner descrive, con icastica evidenza, il dramma di alcune imbarcazioni che, sopraffatte dagli inclementi marosi, non raggiungeranno il porto. L’itinerario di partenza, dunque, non sarà completato: il tema di un’aspirazione incompiuta era particolarmente caro ai più sensibili spirito del Romanticismo, tra i quali figura, a pieno titolo, il pittore inglese Come pure godeva di robusta popolarità lo scenario del mare in burrasca, espressione eloquente e fedele di un animo sempre irrequieto, ardente, che tutto sopporta tranne che una riposata e oziosa staticità. Turner (che già si era cimentato nel tema del mare in burrasca nel quadro “Il molo di Calais”, eseguito nel 1803) ben sapeva che raffigurare navi che guadagnano il porto di destinazione senza intoppi o tribolazioni non avrebbe riscosso il plauso, né della critica, né del pubblico. Al contrario, fissare sulla tela la potenza terrificante della natura che spezza la rotta di una nave, facendone presagire l’inabissamento nelle acque profonde ed oscure, era garanzia per un’accoglienza favorevole del quadro sul quale esercitò influenza un poema dell’epoca, intitolato, non a caso, “The Shipwreck” di William Falconer, che aveva ottenuto un rilevante successo. La tela è caratterizzata da pennellate vigorose e nervose, atte ad evidenziare il furore degli elementi, nonché l’indomito coraggio dei marinai i quali, tuttavia, nulla possono di fronte all’urto dei ruggenti flutti e alla furia inclemente del vento.