Un perfetto equilibrio tra natura morta e natura viva. In “Vecchia che cuoce le uova” (1618), Velazquez colloca, all’interno di un nucleo serrato ed omogeneo, vivande e figure umili del popolo. Ne deriva una sintesi dinamica, ricca di significati allegorici. Il quadro fu criticato a motivo di un pregiudizio dell’epoca: alla natura morta non si riconosceva dignità artistica. Il pittore spagnolo, uno dei massimi rappresentanti del movimento barocco, non si scompose, ben consapevole di aver firmato una tela di alto valore morale, avendogli assegnato il compito di conferire il doveroso riconoscimento non solo alla natura morta (intesa come legittima espressione di uno degli aspetti obiettivi del mondo naturale), ma anche alla gente semplice, onesta e schietta. Una tela, insomma, che innescava un duplice riscatto. Il dipinto raffigura un’anziana donna che, seduta davanti ad un tegame di terracotta, cuoce delle uova. La sua è una solennità pensosa. Altrettanto serio è il fanciullo che si rivolge allo spettatore con un melone in una mano ed un fiasco di vino nell’altra. I due personaggi sono immobili come gli oggetti che li circondano, mentre i loro sguardi non si incrociano. La scena è magistralmente bilanciata: il lato destro dove si trova la donna è caratterizzato dal colore chiaro della caraffa e del piatto, mentre il lato sinistro è avvolto nell’oscurità. A questo contrappunto si lega il contrasto tra gioventù e vecchiaia, in cui si specchia la caducità della vita terrena. Mentre l’uovo simboleggia la rigenerazione.