Quella luna sul fiume fa sognare, e ruba il cuore di chi ad essa volge lo sguardo. E il sogno assume un fascino ineffabile se a celebrarlo è la voce soave di Audrey Hepburn. Chitarra in mano, languidamente appoggiata al davanzale della finestra della sua stanza, l’attrice intona la splendida canzone “Moon river” composta da Johnny Mercer e Henry Mancini, colonna sonora di “Colazione da Tiffany”. E’ un sogno nel sogno quello che si sviluppa nel film con la protagonista, l’affascinante e bizzarra Holly, alla ricerca di un uomo ricco da sposare. Alla fine lo troverà, sarà uno scrittore squattrinato. Sin dall’inizio Holly insegue gioielli da indossare, profumi in cui avvolgersi, vestiti di cui ammantarsi: altrimenti, non potrebbe entrare da Tiffany a ”fare colazione”. Non è vanità la sua, ma una voglia di riscatto da una vita che le ha inferto ferite profonde. E quando canta, con i suoi occhi da cerbiatto, quella luna assunta a riferimento ideale di due vagabondi, prende corpo la fusione tra ideale e reale. E perché tale fusione si completi, è necessario abbandonarsi al sogno, senza tentennamenti e senza ripensamenti. Ovunque la luna andrà, Holly la seguirà: sarà un percorso insieme formativo e avvincente, perché le permetterà di conoscere il mondo. Un mondo – recita il testo della canzone – in cui “ci sono tante cose da vedere”. La luna sarà compagna e testimone di questo viaggio, e nella dimensione onirica si compie l’atto solenne di un incontro tra due cuori, da principio affranti, cui arriderà in seguito il privilegio della felicità. Nel frattempo il fiume continua a scorrere inesorabilmente, portando via con sé – gesto purificatore – i detriti di passati sogni infranti della bella Holly.