All’Inghilterra cuor di leone Winston Churchill, sul piano politico e militare, voleva dare il ruggito. Ma in virtù del suo fine e talora caustico umorismo, alla venerata patria il grande statista, premio Nobel per la letteratura nel 1953, seppe conferire, a livello di percezione collettiva, anche un profilo meno protocollare e più accattivante. A fare le spese del suo “sense of humour” al vetriolo fu l’acerrima avversaria Nancy Astor, prima donna ad assurgere alla carica di deputato in Gran Bretagna. Durante un infuocato dibattito alla Camera dei Comuni, l’esuberante viscontessa, pensando di neutralizzare le rappresaglie verbali di Winston e di ridurlo al silenzio, disse: “Se tu fossi mio marito, ti metterei il veleno nel caffé”. Non si fece attendere la bruciante replica del primo ministro: “Se tu fossi mia moglie, lo berrei”. A dire il vero il vulcanico statista lanciò i suoi velenosi strali anche contro chi inglese non era. E così nel redarguire e fustigare il bizzarro stile di vita del bel Paese, una volta dichiarò: “Gli italiani perdono le partite di calcio come fossero guerre, e perdono le guerre come fossero partite di calcio”. Fu quindi tagliente la staffilata che inflisse a Bernard Shaw, il quale, nell’invitare Churchill alla prima del suo capolavoro “Pigmalione”, aveva scritto: “Ho riservato per Lei due posti. Venga e porti un amico, se ne ha”. Ferito nell’orgoglio, ma senza battere ciglio, lo statista fece subito pervenire al drammaturgo irlandese (anch’egli fonte inesauribile di arguzia e sagacia) un biglietto così vergato: “Mi è impossibile venire alla prima. Verrò alla seconda, se ci sarà”.