Lo definì “un pasticcio” “Nodo alla gola” Alfred Hitchcock, il film da lui diretto nel 1948 (il sua primo a colori) e destinato ad essere annoverato – con il suggello del plauso di critica e pubblico – tra i suoi capolavori. Quando finì di girarlo, il regista inglese fu tentato di vietarne la diffusione: il prodotto, per quanto geniale nel suo carattere inedito, non lo convinceva. Fu la moglie Alma (figura di eccezionale valore sul piano umano e strettamente cinematografico) a farlo desistere dal nocivo intento, come ebbe a confessare egli stesso nell’illuminante saggio, a firma di Francois Truffaut, “Il cinema secondo Hitchcock”. “Non so perché – dichiara – mi sia lasciato trascinare in questo pasticcio. Non posso chiamarlo altrimenti che un pasticcio”. La trama è ridotta all’osso. Una sera, per il solo piacere del gesto, due studenti strangolano un compagno di collegio. Decidono poi di nascondere il cadavere in una cassapanca a pochi minuti dall’inizio di un party in cui sono invitati i genitori del morto e l’ex fidanzata. Tra gli ospiti figura Rupert Cadell, un loro ex professore, interpretato magistralmente da James Stewart. Per meritare la sua ammirazione per la sfacciata audacia dell’evento, i due “carnefici” tradiranno il loro letale segreto presi dal vortice di un continuo gioco di doppi sensi. Il colpo di genio di Hitchcock risiede nell’inquadratura: è sempre la stessa, dall’inizio alla fine. La macchina da presa non si muove mai. E’ fissa, immobile, per oltre un’ora e mezza. All’inizio delle riprese James Stewart (che tranne nelle brevi scene iniziali, è presente, dominandole, in tutte le altre) osò far presente al regista che tale impostazione tecnica era ad alto rischio perché se lui avesse commesso anche il più piccolo errore di recitazione – e Hitchcock non era certo il tipo da sorvolare su sbavature o approssimazioni – si sarebbe reso necessario ricominciare da capo la registrazione dell’intera pellicola. Insomma, si trattava di restare con il fiato sospeso fino all’ultimo fotogramma. Il regista, con la flemma che lo contraddistingueva, si rivolse all’attore (il suo preferito insieme a Cary Grant) e gli disse che a tale perniciosa eventualità ci aveva già pensato, ed era proprio per questo motivo che aveva scelto lui, James Stewart, ben sapendo che non avrebbe commesso nessun errore. E, infatti, così fu. Insomma, un pasticcio in forma di capolavoro.