E’ una delle figure più vive dei ”Promessi Sposi” la vecchia, che fa da serva all’Innominato. Anche in una dimensione spiccatamente caricaturale, Manzoni, con misura finissima, ne accenna qua e là alcuni tratti, che valgono a mantenerla nitida nella fantasia e formano un’immagine che calza alla perfezione nell’ombra del castello, fra tanti ceffi, accanto al cipiglio del suo signore. Mento appuntito, occhi infossati: in quel luogo, dopo quella vita, non potremmo immaginare una faccia diversa, osserva, con illuminante acume, Attilio Momigliano. Tradiscono un guizzo d’incertezza le parole della serva: parole oscillanti fra la radicata paura dell’Innominato e la stizza e l’invidia per Lucia che, con il passare delle ore, viene trattata bene, e sempre meglio. Non c’è una frase, non c’è un’interiezione che non facciano luce, al contempo, sul suo spirito e sulla sua figura.
Nulla prova meglio della vecchia – rileva Momigliano – il dominio spirituale dell’Innominato. Sotto la marcata impronta del padrone, si vede in lei il fondo originale cui quell’impronta si è stampata. La sua miseria spirituale, il suo egoismo freddo, non mai frenato da un sentimento più nobile, contribuiscono a far grandeggiare l’Innominato, dimentico di ogni gretto interesse personale. Dopo che questi le ha ordinato di infondere coraggio a Lucia, la serva domanda: “Cosa le devo dire?”. Una domanda, la più semplice che si possa formulare, ma in quel preciso contesto riveste una nevralgica funzione strategica, perché cala il lettore nel profondo di due anime. Quella domanda l’Innominato avrebbe potuto farla a sé stesso. La vecchia è nuova a queste cose, e lo è anche lui. Eppure egli manifesta stupore per quelle parole. Sembra infatti che solo in quel preciso momento si accorga a quale vita ha costretto la vecchia. Eppure tira dritto ed esclama: “Cosa le devi dire? Falle coraggio ti dico. Tu sei venuta a codesta età, senza sapere come si fa coraggio a una creatura, quando si vuole! Hai tu mai sentito affanno di cuore? Hai tu mai avuto paura? Non sai le parole che fanno piacere in quei momenti?”
Si aprirà un abisso tra l’Innominato e la vecchia, che a Lucia saprà soltanto ripetere una frase protocollare, che ha anche un sapore comico: “Ho ordine di trattarvi bene e di farvi coraggio!” Una frase in cui risuona uno zelo stonato e non intimamente partecipato. E poi la vecchia pronuncia parole che si limitano ad essere un’eco della volontà del suo padrone: “Coraggio, coraggio, ve lo dice lui, che non vuol fari del male”.
Tuttavia c’è un momento in cui anche la vecchia sente dentro di sé una potenza misteriosa, ovvero quando Lucia invoca la sua pietà in nome di Maria Vergine. “Quel nome santo e soave – scrive Manzoni -, già ripetuto con venerazione nei primi anni, e poi non più invocato per tanto tempo, né forse sentito proferire, faceva nella mente della sciagurata che lo sentiva in quel momento, un’impressione confusa, strana, lenta, come la rimembranza di una luce in un vecchione accecato da bambino”. Una vita nuova – evidenzia Momigliano – entra nel castello. La potenza delle cose grandi si abbatte anche sulla piccola anima della vecchia.