Espiazione e redenzione. Sono i due termini entro i quali si sviluppa “Lord Jim” di Joseph Conrad. Sempre alla ricerca dell’occasione propizia per realizzare i suoi sogni di gloria, il protagonista, un giovane marinaio inglese, si imbarca sulla nave “Patna”. In seguito allo scontro con un relitto nelle acque del Mar Rosso, abbandona l’imbarcazione insieme al capitano, convinto che sia in procinto di affondare. Un gesto sconsiderato perché compiuto senza curarsi della sorte dei passeggeri. Seguirà un’inchiesta dalla quale Jim uscì disonorato. Da quel momento avrà un solo obiettivo: cercare di riparare alla colpa commessa. Il cammino di espiazione si identifica in una peregrinazione, lunga, tribolata e complessa nei mari del Sud, condotta nel segno di un animo sempre agitato, perché tormentato dal dubbio che la luce del riscatto – a dispetto dell’istanza etica che vibra in lui – non gli arriderà mai. La tensione alla redenzione è così acuta che finirà per armare lui stesso la mano che lo ucciderà per una colpa non commessa.
Si viene così a configurare un sacrificio corredato da un paradosso. Quando si era macchiato della colpa, lord Jim, sebbene logorato dal rimorso, aveva continuato a vivere; esente da macchia, la vita la perde. Per Conrad questo contrasto, velato di una pensosa ironia, non è certo un gioco. E’ piuttosto un austero meccanismo atto a rivelare “gli intricati capricci” dell’esistenza che vanno ad irretire il destino dell’uomo. Più l’uomo è sensibile, più avvertirà l’umiliazione sofferta; più in lui è potente la spinta morale, meno agirà in lui il naturale istinto di sopravvivenza.
La forza del personaggio consiste nella sua vulnerabilità di fondo che ne fa un antieroe. Tale dimensione acquista poi un rilievo ancor più significativo considerando che la figura del protagonista si muove nel clima di esaltazione imperialistica che pervadeva, con impettito sussiego, l’Inghilterra vittoriana. Attraverso lord Jim, dunque, Conrad si pone controcorrente rispetto al pensiero dominante dell’epoca, intonando un controcanto di cui si fa portavoce un personaggio che pagherà con il prezzo più caro la sua smodata ambizione di affermazione nel mondo.
Il romanzo è intessuto di simboli e immagini che si susseguono come motivi musicali, contribuendo a conferire una solida unità stilistica ad episodi, vicende e digressioni apparentemente estranei tra loro. Ricorrono, nel dipanarsi della trama, farfalle e scarabei, che svolgono la funzione di comunicare ripugnanza fisica e morale. Quando Marlow, il narratore, vede Jim per la prima volta, appena sbarcato dopo essere stato raccolto in mare, è sorpreso di non vederlo “confuso, mortificato, avvilito, trafitto, contorcersi come uno scarabeo infilzato”. Di uno dei personaggi, Cornelius, si dice che “la sua andatura lenta e laboriosa somigliava al movimento uniforme di un disgustoso scarafaggio”.
Un altro tipo di immagini affollano il romanzo. Esse fanno riferimento a veli, cortine, nebbia, nubi. Questi termini servono ad indicare il lento diradarsi del mistero che avvolge il protagonista, che cerca di tenere occulta la vicenda che ha generato la sua colpa. Quando Marlow si appresta ad annunciare la confessione, graduale, di Jim, paragona il suo atto ad “una visione bizzarra ed esaltante come in uno squarcio di nebbia”, “ad un lampo che fende le nubi”.
Lord Jim sperimenta con virile postura la solitudine morale cui la colpa commessa l’ha relegato. E’ una solitudine che lo distingue dalle persone che lo circondano, dalle quali è lontano anche per il suo modo di vestire. Particolare, questo, che non si esaurisce certo in una dimensione puramente estetica. Il protagonista, che sia in un porto o in mezzo alla giungla, veste sempre impeccabilmente di bianco. E mai dimentica di coprirsi la testa con un cappello, che significativamente perde nei momenti della sconfitta: quando compie quel fatidico salto dalla scialuppa, quando accorre da Marlow a Bangkok dopo una deplorevole rissa con un ufficiale danese che lo aveva insultato, e, infine, avviandosi a farsi uccidere.