Gerusalemme Giano bifronte. Poche città storiche sono state per tanto tempo teatro di guerre così aspre. Nello stesso tempo nessuna città ha dato il proprio nome, come Gerusalemme, alla pace e a “tutto ciò che vi è di mite e di gentile nell’animo umano”. E’ un libro sulla memoria “Gerusalemme. Città di specchi” quello di Amos Elon – giornalista, scrittore ed intellettuale israeliano – scritto nel 1989.
Dall’epoca di Platone le città sono state definite in termini politici, cioè razionali: “ciò, per Gerusalemme, non basta”. A Gerusalemme la politica è “dominata” e “inquinata” dalla religione, e le guerre di religione non si prestano ad essere illustrate con criteri razionali. L’uomo ha messo piede sulla Luna, cercando “nuove Gerusalemmi” in remote galassie, ma finora “nulla ha sostituito la vecchia Gerusalemme”. Essa conserva uno straordinario fascino sulla fantasia e genera “per tre fedi ostili che si esprimono con parole perfettamente intercambiabili”, la paura e la speranza dell’Apocalisse.
“Ci sono libri che non invecchiano mai. Gerusalemme. Città di specchi” è uno di questi” dichiara, nella prefazione, il giornalista Adam Smulevich, il quale sottolinea che l’idea di Gerusalemme è “centrale” nella controversia di lungo corso che “oppone Israele ai palestinesi e ad una parte del mondo arabo”. Le sue pietre, i suoi miti e i suoi luoghi di fede alimentano da sempre sogni e speranze, ma costantemente divampano divergenze e dispute. Attraverso le pieghe di questi conflitti, Elon illumina la consapevolezza del lettore su quanto la questione sia “ingarbugliata e feroce” evidenzia il prefatore.
Il libro, che spicca per una pronunciata evidenza documentaria, presenta anche venature poetiche. “Nella luce accecante – scrive l’autore – si innalza una città circondata da mura. E’ uno spettacolo senza eguali. Gerusalemme sorge in mezzo alle alture, sul margine di una profonda gola. Ti appare davanti all’improvviso, in tutta la sua suggestività, non appena penetri nella valletta che separa le due montagne”, E’ uno scenario che racchiude parapetti, torri scure, tetti a vola di pietra, chiese, sinagoghe, moschee. Tutto è dominato dall’ampio spazio di pietra, “vecchio quasi quanto il tempo”. E’ questo un omaggio commosso che l’autore rende a Gerusalemme, in una sintesi che coniuga il dato della cronaca e il palpito del sentimento.
Il volume offre importanti rilievi che contribuiscono ad arricchire la conoscenza della storia di una città definita “terra sacra e campo di battaglia,” dove politica e religione hanno finito per fondersi in un “dramma senza catarsi”. Lo scrittore mette in rilievo che gli armeni, a Gerusalemme, sono sopravvissuti così a lungo perché “costituiscono una minoranza religiosa che ha imparato a non schierarsi con nessuno”. Essi mantengono “buoni rapporti” sia con i palestinesi sia con gli israeliani. “Che cos’è – si chiede Elon – un quarto di secolo di dominazione israeliana in confronto ai quasi settecento anni di ininterrotta presenza armena?”.
Nel 1989, dunque, Elon così scriveva: “Gerusalemme oggi è ancora una volta ciò che è stata così spesso nella sua storia, una città in guerra con sé stessa. Le immagini del conflitto che si è di nuovo scatenato nelle sue strade appaiono quasi quotidianamente sugli schermi televisivi di tutto il mondo”. Questa valutazione conserva un’inquietante attualità.
Nel cercare di comprendere la genesi del conflitto che segna la città, Elon individua due radici: il nazionalismo e la religione. Non è facile dire fra queste due forze quale abbia “un peso maggiore”. Certo è che sono “complementari” e che “l’una trova alimento nell’altra”. Sia il nazionalismo che la religione offrono un “sistema escatologico” diretto ad esprimere il significato della vita fornendo criteri di giudizio ritenuti “infallibili” per valutare gli eventi. La proverbiale pace di Gerusalemme invocata nel salmo 122 dipende dal declino o della religione o del nazionalismo, o di entrambi. Ma né l’una né l’altro sembrano dare segni di questo declino, e di conseguenza quella della pace, lamenta Elon, resta “una prospettiva remota”.