Anche nel mondo dello spionaggio e dei servizi segreti – dove l’assenza di scrupoli è intesa come garanzia di forza e la sua presenza quale segno di debolezza – ci può essere spazio per i nobili sentimenti, e per le lacrime. E’ questo lo spazio entro cui si muove il protagonista del thriller di Terry Hayes “I am pilgrim”, che non ha un nome ma possiede varie identità allo scopo di rimanere nell’ombra per non mettere a repentaglio la sua incolumità e l’esito delle sue missioni. Si troverà a fronteggiare, pur molto giovane, una minaccia mortale diretta contro gli Stati Uniti.
Sebbene il pericolo da scongiurare sia molto serio, non si tratta dello scenario apocalittico che grava su tanta narrativa. Infatti la storia procede soprattutto attraverso l’introspezione dei personaggi, delle loro frustrazioni e dei loro sogni, dei loro slanci e delle loro meschinerie. Al turbinio di avvenimenti che si dipanano a ritmo incalzante fanno da sfondo gli attentati dell’11 settembre alle Torri Gemelle (in quel tragico contesto viene perpetrato un omicidio tanto spietato quanto geniale), le impervie montagne dell’Afghanistan insanguinate da efferate violenze e i suggestivi panorami della Turchia (anche qui viene compiuto un assassinio cui il protagonista verrà a capo grazie ad un’eccezionale intuizione).
I due omicidi sono collegati? Forse sì, forse no: certo è che chi li ha commessi si è ispirato alle regole del delitto perfetto contenute in un manuale di successo scritto dallo stesso protagonista, come “summa” delle esperienze maturate sul campo. “Pilgrim”, questo è il suo nome in codice, pur abituato da sempre a convivere con le brutture e gli intrallazzi di un mondo popolato di spie e di traditori, è riuscito a non smarrire senso di umanità e sentimenti delicati. Nella sua mente rimarrà sempre incisa la foto – esposta nel campo di concentramento di Natzweiler-Struthof dove il padre adottivo lo portò quando era ragazzo – di una donna con i due figlioletti attaccati alla gonna che si dirige, schiena dritta e testa alta, verso la camera a gas.
Come c’è spazio per il rimpianto per non aver mostrato il dovuto affetto e gratitudine al padre adottivo (che in lui aveva intuito doti e talento, incoraggiandoli), c’è spazio anche per l’amicizia con un suo collega d lavoro, più anziano, tanto umile da non dire che l’11 settembre si comportò da eroe. Il nome “pilgrim” da principio sembra scelto a caso, poi si rivelerà il segno esteriore di un laborioso e insidioso cammino che dal buio porta alla luce, passando attraverso l’epifania decisiva, custodita in una citazione del vangelo di Marco. In un momento di importanza nevralgico della storia il capo dell’intelligence statunitense, spiazzato dall’umanità dell’agente segreto (e ammirandola) dirà al protagonista: “Il tuo peso è dato dal tuo cuore”. Di conseguenza la missione per salvare vite umane non si configura come un fardello troppo grande, ma come un dono. Allora quando il proprio compito è stato assolto, a prezzo di sofferenze fisiche e psicologiche, si ha la voglia – pur tra dubbi laceranti e un vertiginoso andirivieni della coscienza – di tessere nuovamente la tela disfatta, e di ricominciare.