Si racconta che il celebre musicista Luigi Cherubini rimase profondamente offeso quando, a Parigi, vide il quadro che l’amico Ingres gli aveva dedicato. Il dipinto intitolato “Luigi Cherubini e la Musa della lirica” (1842) mostra il compositore con un’espressione malinconica, con lo sguardo perso nel vuoto. In verità l’artista francese non aveva fatto altro che raffigurare sulla tela un fatto obiettivo: ovvero Cherubini soffriva di una acuta forma di depressione dalla quale riusciva a fuggire, ma solo a tratti, grazie alla musica, o meglio, alla sua musica. Tuttavia poco dopo, sul finire dei suoi giorni, il compositore ebbe modo di ricredersi, al punto da comporre un’ode in lode dell’artista in cui affermava: “Ingres amabile, pittore chiarissimo! Ognuno ti celebra e tutti invocano gli effetti provvidi del tuo valor”. Morto Cherubini, il dipinto venne acquistato per ottomila franchi dal re Luigi Filippo. L’opera si caratterizza per l’abilità con cui vengono intrecciate realtà e finzione: l’una rappresentata dal compositore, l’altra da Tersicore, musa della poesia lirica. La musa non fu dipinta da Ingres, ma da un suo allievo, Henri Lehman, che utilizzò colori troppo grassi, i quali uniti ai successivi ritocchi di Ingres sulla materia perfettamente asciutta, provocarono sulla superficie pittorica una fitta rete di crepe. Alcuni critici contestarono ad Ingres di non aver saputo creare “la giusta sintonia” tra Cherubini e la musa: il compositore, che le volge le spalle, sembra indifferente alla sua presenza; dal canto suo, la musa, pur avendo il braccio sollevato sul capo di Cherubini come atto di ispirazione e protezione, pare incarnare un figura formale, protocollare, insomma distante.