Partendo dal dato obiettivo, Paul Klee – questa la cifra della sua narrativa pittorica – ne amplifica le potenzialità, dando così vita non solo a mondi e a paesaggi che attingono sia la reale che al fantastico, esplicitando questa sorta di “contraddizione” a livello formale. Ne è prova l’acquerello “Giardino asciutto e fresco” realizzato dall’artista tedesco, con cittadinanza svizzera, nel 1921. Esso è infatti caratterizzato dai doppi contorni delle forme: di conseguenza s’impone un alto grado di decorazione che verte sulla scomposizione dei piani e sull’alternanza di tre colori (beige, ocra e grigio). L’acquerello si presenta come la descrizione di un mondo a sé, una specie di “hortus conclusus”, la cui esclusività viene evidenziata dalla doppia cornice che avvicina l’pera ad un lavoro in miniatura. L’idea, centrale nella concezione di Klee, che il disegno costituisca il nucleo dell’espressione plastica e che il colore sia l’anima “irrazionale” è ben presente, dal momento in cui l’interpolazione di leggeri piani cromatici produce, come risultato, un labirinto di segni grafici. Nel saggio “La confessione creatrice” (1920) Klee scrive: “Una volta si rappresentavano cose che si potevano osservare sulla terra, che si vedevano volentieri. Ora si manifesta la realtà delle cose visibili e con questo si esprime il fatto che ciò che è visibile, in rapporto all’universo, è solo un esempio isolato e che altre verità sono latenti e innumerevoli. Le cose appaiono in senso molteplice e spesso si contraddicono le esperienze razionali del passato. Si tende a una decomposizione di ciò che è casuale”. Questa affermazione, dalla spiccata valenza programmatica, perfettamente si attaglia allo stile che ispira l’acquarello.