Ebbe la fortuna di cominciare a dipingere presso la bottega di Piero della Francesca, ad Arezzo. Assistito da un talento cristallino, Luca Signorelli, tra i più interpreti della pittura rinascimentale, assimilò con spirito di costruttiva umiltà gli insegnamenti del maestro di Sansepolcro, da quale mutuò, anzitutto, il senso della prospettiva che, a quel tempo, non era ancora stato curato e approfondito con un metodo sistematico. “Persona d’ottimi costumi, sincero et amorevole con gl’amici” lo definisce Giorgio Vasari, che aggiunge: “Si dilettò sempre di vestir bene”. Questo gusto per l’eleganza si riflette nelle sue opere, sempre ispirate ad un equilibrio compositivo saldo e armonioso.
Per omaggiare il suo mentore, Signorelli realizzò lo “Stendardo della Flagellazione” collocabile intorno alla fine degli anni settanta (‘opera è firmata ma non datata). Tale opera si richiama in modo esplicito alla “Flagellazione di Cristo” di Piero della Francesca. Artista prolifico, Signorelli viaggiò con incalzante frequenza. Quando si recò a Loreto, decorò la sagrestia della curia nel santuario della Santa Casa. La volta, divisa ad otto spicchi, con “Evangelisti” e “Dottori della Chiesa” sormontati da angeli, risulta convenzionale: più originali sono le pareti, decorate da coppie di apostoli e dagli episodi dell’”Incredulità di san Tommaso” e della “Conversione di san Paolo”.
Aveva poco più di trent’anni quando presa parte all’impresa della decorazione della Cappella Sistina. A lui vengono riferite le scene della “Disputa sul corpo di Mosé” e del “Testamento e morte di Mosè”: riguardo a questa scena, permangono dubbi attributivi perché, secondo i critici, in essa sarebbe dato di riscontrare la mano di un altro allievo di Piero della Francesca, il toscano Bartolomeo della Gatta.
Quando si stabilì a Firenze, Signorelli entrò in contatto con l’Accademia neoplatonica. La tavola con l’”Educazione di Pan”, distrutta a Berlino durante i raid aerei del 1945, fu dipinta per il cugino del Magnifico, Lorenzo di Pierfrancesco, come risulta dagli inventari del palazzo a villa di Castello, compilati dopo la sua morte. L’opera è caratterizzata da una stratificazione simbolica. Si tratta di una sorta di “sacra conversazione” pagana, che adombra vari significati. Pan, divinità in cui si riflette l’armonia campestre, incarnava, secondo i poeti di corte, la stessa famiglia Medici; gli altri personaggi richiamano vari temi filosofici. Gli anziani esemplificano il ricordo della saggezza derivata dall’esperienza, mentre la fanciulla simboleggia la bellezza. Dal canto loro, i musici rappresentano le armonie naturali trasformate in armonie musicali grazie alla feconda attività della mente.
Con la morte del Magnifico e la cacciata di Piero de’Medici, Signorelli, che era legato alla committenza del partito mediceo, decise di lasciare Firenze, dedicandosi a varie commissioni sia in Umbria che nelle Marche, sempre soddisfatte grazie ad impegno costante, alimentato da una ardente passione per la pittura. Secondo alcuni critici, le opere derivate da queste commissioni non sempre rivelano un’alta qualità, la quale invece spicca in due composizioni realizzate a Città di Castello. La prima è l’”Adorazione de Magi”, oggi al Louvre; la seconda è l’”Adorazione dei pastori”, conservata alla National Gallery di Londra. Sempre durante il soggiorno a Città di Castello, Signorelli realizzò il “Martiro di san Sebastiano”, in cui la sua pittura, scostandosi dal tradizionale timbro compassato, si manifesta con tratti nervosi e dinamici. Questo linguaggio pittorico è dettato dalla turgida muscolatura del corpo del santo, dalla densità delle ombre che invadono l’atmosfera, nonché dalla cupa espressione che caratterizza i carnefici.
Nel 1499 Signorelli firmò il contratto per il completamento della decorazione delle volte della Cappella Nova (poi detta di san Brizio) nel Duomo di Orvieto, avviate da Beato Angelico e dai suoi aiutanti. Con l’apporto di alcuni teologi, venne scelto il tema delle “Storie degli ultimi giorni”. La commissione fu completata nel 1504. La scelta del tema si addiceva al clima dell’epoca, alle soglie di un nuovo secolo e della metà del millennio, in una situazione segnata da guerre che contribuivano ad alimentare l’ansia e l’incertezza legate alle imperanti teorie millenaristiche. Nella scena “Predica e fatti dell’Anticristo”, Signorelli mostra il finto-Gesù che arringa la folla con il demonio che gli suggerisce le parole all’orecchio e muove le sue braccia come un pupazzo. Nel frattempo l’umanità, alla deriva, si abbandona a massacri, furti ed esecuzioni sommarie. In questa scena alcuni hanno colo un riferimento a Savanarola, allora accusato dai suoi detrattori di essere “un falso profeta”, capace di sedurre le folle, prima di essere smascherato e condannato al rogo.
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