Su uno sperone rialzato, che assomiglia ad un altare, prega Gesù. E’ un’intuizione figurativa penetrante quella forgiata da Mantegna nel dipinto “Orazione nell’orto” (1445), conservato alla National Gallery di Londra. L’atto della preghiera, nella sua autorevole immobilità, viene collocato nel Getsemani rappresentato come un paesaggio arido e roccioso. Tale paesaggio sembra incombere sulla figura di Gesù e trasmette, nella sua fredda connotazione, un profondo senso di solitudine. E’ la solitudine di Gesù nell’ora che precede il sacrificio supremo di sé. Davanti a lui sono apparsi alcuni angeli che gli preannunciano il destino che lo attende, mostrando gli strumenti della Passione, anzitutto la croce. In basso si vedono tre apostoli addormentati (Pietro, Giacomo il Maggiore e Giovanni). Il loro sonno si pone in netto contrasto con la dolorosa veglia di Gesù, la cui solitudine si proietta in una prospettiva che trascende la dimensione terrena. Sullo sfondo stanno arrivando i soldati – guidati da Giuda – incaricati di arrestare Gesù. Incisiva è la figura di Giuda, rappresentato con il braccio disteso – a indicare il tradimento – per mostrare ai soldati dove è Gesù. La scena si svolge in un’atmosfera cupa, dai tratti fortemente crepuscolari. Mantegna adotta un linguaggio impostato su dichiarati contrasti cromatici. Gesù è vestito di scuro, ed è così isolato rispetto agli apostoli che indossano colori sgargianti. Nella tela spiccano, da un lato, l’albero secco e l’avvoltoio, simboli della morte imminente; dall’altro, i germogli e il pellicano, espressione dell’evento della risurrezione. Ben mirata è la presenza del pellicano, poiché si credeva che nutrisse i figli strappandosi le proprie carni, sacrificandosi così come Gesù.