Michelangelo ascoltava perché l’educazione glielo imponeva, ma non gradiva molto quanto stava udendo. Giuliano de’Medici gli stava infatti elencando gli alti meriti di Leonardo con cui intratteneva una rivalità accesa, ma sempre condita di reciproco rispetto. Leonardo era stato nelle Paludi Pontine, che versavano in un grave stato ambientale: in breve tempo aveva elaborato un progetto per il risanamento di quelle campagne malariche. Sbalorditivi, sottolineava Giuliano, erano i suoi lavori nel campo dell’ottica, e degna di grande ammirazione era la sua formulazione delle leggi della botanica. Non mancava, in questo scenario celebrativo, una gustosa curiosità: Leonardo si diceva convinto di poter accertare l’età di una pianta contando gli anelli concentrici del tronco.
Michelangelo replicò affermando che avrebbe preferito vederlo disegnare magnifici affreschi, e nulla di più. A questo punto Giuliano gli fece notare che Leonardo aveva una mente universale e che, di conseguenza, concepiva l’arte come solo uno degli aspetti della creatività umana. Con ironia Michelangelo ribattè che un uomo siffatto non avrebbe dovuto allora perdere tempo a contare gli anelli dei tronchi d’albero.
Nel bel mezzo di questo vispo colloquio comparve proprio Leonardo. Questi, con la sua voce dal timbro acuto, disse a Michelangelo di aver trascorso molto tempo a studiare la volta della Cappella Sistina. Quindi aggiunse che dopo aver analizzato il suo lavoro, aveva ritenuto di dover apportare alcune correzioni al suo “Trattato della pittura”, riconoscendo a Michelangelo il merito di aver conferito una grande e giusta importanza allo studio dell’anatomia.
Al contempo, tuttavia, studiando la volta della Sistina, Leonardo aveva ravvisato un serio pericolo, ovvero quello di cadere nell’esagerazione. Infatti, sosteneva Leonardo, dopo aver contemplato gli affreschi di Michelangelo, un pittore dovrà guardarsi dal rischio di diventare legnoso dando eccessiva evidenza alle strutture ossee e muscolari, e di compiacersi troppo di figure nude che rivelino al primo sguardo i loro sentimenti. Il fatto è che le strutture realizzate da Michelangelo erano vicine alla perfezione: di conseguenza, ci si chiede quale sarà la sorte del pittore che voglia spingersi oltre il punto di arrivo raggiunto da Michelangelo.
L’argomentazione di Leonardo conteneva, nello stesso tempo, un profondo elogio e un bonario rimprovero. L’elogio riguarda la capacità di Michelangelo di aver portato la pittura ad un limite invalicabile, che non lascia più nessun margine di sviluppo compatibile con la perfezione. A coloro che si metteranno sulla sua traccia resterà soltanto la deformazione, la forzatura. E, qui sta il bonario rimprovero, si dirà: “La colpa è di Michelangelo”. Non fosse stato per lui, infatti, la pittura avrebbe avuto davanti a sé un secolo per perfezionare l’impiego dell’anatomia. Ma, disse Leonardo con un rammarico pervaso di garbato sarcasmo, la volta della Cappella Sistina segna, in modo inconfutabile, un principio e una fine.