Ad un Renoir ormai anziano un giovane aspirante pittore, un giorno, presentò un quadro raffigurante una scena invernale. Quel giovane non sapeva che l’artista, sin dall’inizio della sua carriera, era stato ossessionato dall’ombra o, meglio, dal modo giusto di renderla sulla tela. Si era dunque trovato al cospetto di un giudice severo ed esigente. Per dipingere la neve il giovane, pensando di fare la cosa più naturale del mondo, aveva usato il bianco. Scelta, questa, biasimata da Renoir, che gli disse: “Lei deve riconoscere che sopra la neve c’è un cielo. Il cielo è azzurro, e sulla neve questo azzurro si deve vedere”. Al mattino nel cielo c’è del verde e c’è del giallo, proseguì il maestro: di conseguenza, anche questi colori si devono vedere sulla neve se “come lei dice, ha dipinto il quadro al mattino” .Se il pittore avesse operato di sera, si sarebbero dovute vedere tracce di rosso e di giallo.
Quindi Renoir passò ad esaminare le ombre. “Sono troppo nere” dichiarò con enfasi, per poi impartire una succinta, quanto incisiva, lezione: “Quell’albero ha lo stesso colore locale dal lato illuminato dal sole e dal lato in ombra. Ma lei lo dipinge come se fossero due oggetti diversi, uno chiaro e uno scuro. Eppure il colore dell’oggetto è lo stesso, solo che sopra ha un velo. Dovrebbe dipingerlo così, ovvero deve dipingere l’oggetto e poi buttarci sopra un velo”. Renoir consigliò quindi al pittore di studiare sia Tiziano che Rubens, le cui ombre, immancabilmente, sono “leggere fino alla trasparenza”. Quindi Renoir chiosò: “Le ombre non sono nere, nessuna ombra è nera. Ha sempre un colore. La natura conosce solo i colori, e bianco e nero non sono colori”.
Quello dell’ombra era un tema costantemente dibattuto al Café Guerbois a Parigi, luogo divenuto presto celebre perché punto di riferimento per i maggiori artisti dell’epoca. Seduto al solito tavolo, Manet teneva concione, usando sostenere che “la luce si presenta con una tale uniformità che un tono solo basta a renderla, e che è preferibile, a costo di sembrare grossolani, passare bruscamente dalla luce all’ombra piuttosto che accumulare cose che l’occhio non vede e che non solo attenuano la forza della luce, ma indeboliscono l’impianto cromatico delle ombre, che è invece importante valorizzare”.