La tendenza al perfezionismo lo tormentava. Un’ossessione che finiva per sortire pesanti conseguenze sui suoi allievi, soprattutto se svogliati e disattenti. Fryderyk Chopin non fu solo segnato dalla tisi (e da amori infelici). Ogni nota, per il compositore polacco, doveva essere al posto giusto: non ammetteva il minimo accenno all’approssimazione. Parimenti, ogni nota doveva essere resa con l’esatto timbro: anche la più semplice sfumatura che, all’atto dell’esecuzione, deviasse dallo spartito, era da lui intesa, e condannata, come una violazione delle regole. Ci voleva dunque coraggio, per gli aspiranti compositori, andare a casa di Chopin per ricevere lezioni. Anche i più talentuosi tremavano al pensiero della sua reazione qualora li avesse colti in fallo. Si racconta che una volta un alunno, con smodate ambizioni di carriera, continuava imperterrito a infilare “note false”. Dopo averlo più volte redarguito, perse la pazienza e prese una sedia per rompergliela in testa. Appreso l’episodio, l’amica George Sand, scrittrice e drammaturga francese, ne rimase scandalizzata e così lo apostrofò: “Sei un ottimo pianista, ma un pessimo maestro”. Insomma, una sintesi di elogio e di rimbrotto. L’irascibilità di Chopin nei panni del maestro non turbò, invece, Cristina Trivulzo di Belgiojoso, scrittrice e patriota. Non c’era ombra che potesse offuscare la venerazione della nobildonna per colui che “non è il più grande dei pianisti, ma il solo pianista”.