Nell’aprile del 1802, Ludwig van Beethoven lasciò Vienna per trasferirsi nel villaggio di Heiligenstadt. Nelle settimane precedenti il compositore tedesco era caduto in una profonda depressione dopo aver constatato -anche sulla base di un preciso referto medico – che alla sua crescente sordità non ci sarebbe stato rimedio. Tuttavia, in quel piccolo villaggio, immerso in una natura fresca e lussureggiante, si sentì presto rinfrancato e tonificato. Il desiderio di comporre una nuova sinfonia, prima evaporato, tornò prepotente.
Sarebbe stata una sinfonia dal respiro epico, “trionfalista”, come egli stesso annotò nei suoi fogli sparsi.
Mentre stava lavorando, con alacrità e rinnovato entusiasmo, allo spartito, decise di intitolare la futura composizione a Napoleone, allora primo console di Francia. Come dichiarò un suo fedele e talentuoso discepolo, Ferdinand Reis, Beethoven nutriva per Napoleone “un’altissima stima”, tanto da paragonarlo ai più grandi consoli dell’antica Roma. La sinfonia fu conclusa nella prima metà del 1804. Il frontespizio era stato vergato così: “Sinfonia intitolata a Bonaparte”.
Ma ad attendere il compositore vi sarebbe stata presto una brutta sorpresa. Aveva appena apportato gli ultimi ritocchi alla sinfonia quando Napoleone, il 18 maggio 1804, si proclamò imperatore di Francia. Beethoven divenne furioso e, in preda all’ira, esclamò “Quell’uomo, dunque, non è che un comune mortale”. In forza di quella carica, temeva Beethoven, “quell’uomo” avrebbe “calpestato” i diritti del singolo e della collettività, nel nome del potere e della gloria. “Non passerà molto tempo prima che Napoleone si trasformi in un tiranno” dichiarò. Quindi non pose indugio e, agguantata una penna, tirò un impaziente frego sul frontespizio della sinfonia. Il titolo sarebbe cambiato: “Sinfonia Eroica”.
Ogni traccia, riverente ed elogiativa, di Napoleone, era scomparsa. Questo episodio è valso a fare di Beethoven un simbolo della libertà, l’ammiratore della Rivoluzione francese, nonché la figura, per eccellenza, del repubblicano. Tuttavia, in merito a tale narrativa, più di uno storico avanza riserve, anzitutto in ragione del fatto che Beethoven – al di là della cocente delusione sofferta – riconosceva a Napoleone il merito di aver “corretto” taluni eccessi e talune storture della Rivoluzione francese.