Ad un certo punto della sua breve esistenza, decise di vestirsi solo di bianco, in omaggio alla virtù della purezza, Emily Dickinson, la poetessa statunitense vissuta nell’Ottocento, annoverata tra i maggiori lirici moderni. Dopo un viaggio a Washington e a Philadelphia (dove si innamorò del reverendo Charles Wadsworth, già sposato, e il suo rimase un sentimento platonico, incompiuto e struggente), si ritirò dal mondo, e si rinchiuse nella propria camera, al piano superiore della casa paterna, per vivere solo dei suoi versi. In vita furono pubblicate solo sei poesie: dopo la sua morte, si registrò un imponente profluvio di pubblicazioni dei suoi componimenti, al punto che, esaurite le scorte, le case editrici, assediate dai lettori, dovettero provvedere a una lunga catena di ristampe. Quando morì, la sorella, Vinnie, scoprì nella stanza di Emily centinaia di poesie scritte su foglietti ripiegati e cuciti con ago e filo, e contenuti in un raccoglitore. Immersa nella solitudine, di cui celebrò il valore catartico, Emily non ebbe dal mondo, con il quale aveva rescisso ogni legame, il plauso e i riconoscimenti che avrebbe meritato. I suoi versi, capaci, nella loro spartana semplicità, di scavare nell’animo umano fino a sondarne i più remoti recessi, erano in antitesi con il gusto dell’epoca, più attratto da un linguaggio elaborato e fastoso, e meno attento agli accenti di quella soave e raffinata sensibilità che nella Dickinson trovò un’esemplare espressione. Ossessionata dal tema della morte, visse la propria esistenza soggiogata dall’attesa dell’ora suprema. “Annoda i Lacci alla mia Vita, Signore. Poi, sarò pronta ad andare!”: versi, questi, atti a suggellare la fine del viaggio terreno della poetessa, che spontaneamente si offre a comparire, senza remore o timori, davanti al giudizio di Dio. Alla sorella, una sera, aveva confidato che non desiderava lasciare nessun segno della sua presenza nel mondo: meglio il silenzio. Ma furono proprio le poesie – cui ella aveva consegnato la volontà di restare nel nascondimento e nell’anonimato – a rompere, dopo la morte, quel silenzio, e a consacrare di colei che le aveva composte il genio e la fama.