Aveva subito capito che il lavoro letterario doveva fondarsi sulla mistificazione e sulla visione. La realtà concreta e tangibile è mediocre, disadorna, e non aiuta a conquistare la fama. Di conseguenza bisogna abbracciare un’altra dimensione che sia garanzia di successo. Edgar Allan Poe era insofferente delle pastoie imposte dalla trita quotidianità: nel tentativo di sublimarla finì per diventare l’inventore riconosciuto del thriller psicologico e della detective story. Scrisse racconti che anticiparono la fantascienza (“Una discesa nel Maelstrom”), che preannunciarono il poliziesco (“I delitti della rue Morgue”) e l’horror (“Il gatto nero”). In qualità di precursore, in vita fu invidiato e osteggiato. Al suo funerale parteciparono solo dieci persone. Dovettero passare anni prima che venisse riconosciuto come uno degli scrittori più insigni del panorama letterario internazionale.
“Poe ha un talento perturbante nell’esporre gli incubi e le isterie di tutti noi, guardando quello che si nasconde dietro le nostre vite ben organizzate” ha scritto il critico letterario Harold Bloom, in sintonia con quanto aveva affermato Oscar Wilde, il quale non si stancava di ripetere che chi non vuole fermarsi alla superficie delle cose ma penetrare nel cuore di esse “lo fa a suo rischio e pericolo”.
Riguardo alla narrativa di Poe, il rischio non riguarda solo lo scrittore, ma anche quella del lettore, e la sua incolumità psicologica. Le sue storie infatti – un sapiente intreccio di macabro, di torbido e di claustrofobico – agiscono come una sorta di trivella che affonda nei recessi della coscienza di chi legge, mettendone a nudo debolezze e squilibri.
Non a caso uno dei suoi più ferventi estimatori fu Charles Baudelaire, che di Poe lodava la capacità di sondare l’animo umano “rivoltandolo come un guanto”. La stima di Baudelaire per Poe era sincera e, a dir la verità, anche un po’ studiata. In quanto “poeta maledetto”, Baudelaire era arginato e malvisto dai contemporanei: lo stesso destino riservato a Poe, anch’egli collocato dalla critica dell’epoca nella categoria dei “poeti maledetti”. In sostanza, nel prendere le parti del collega, il poeta francese difendeva ed elogiava sé stesso.